LE OPINIONI DEGLI ANALISTI FINANZIARI

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enzo-xyz
icon5  view post Posted on 26/1/2008, 21:10




Le regole anti-Orso: niente panico, non svendere, è sufficiente alleggerire Cirenei (Bpm): «Chi compra scelga business che capisce». Martinelli (Anima): «Qualche affare si trova già». Gentili: «Fiat, Italmobiliare risp. e Unicredito»

C’è chi compra, chi vende e chi scappa. Altri mettono la testa sotto il cuscino per non soffrire. Ma per tutti il consiglio è lo stesso: non fatevi prendere dal panico. Già, bravi, ma non è semplice per chi vede svanire i risparmi, come se partecipasse a un’estenuante roulette russa. Certo, è tipico dell’Orso, nulla di nuovo, ma quanto fa male!
Il primo gestore non ha mezze misure: «La gente svende per paura. Peggio per loro, io compro per me. Ma per favore niente nomi». Va bene, rispettiamo l’anonimato e guardiamo le cifre della paura: in tre settimane il Mibtel ha perso il 12% (il 20% dai top di maggio). Ma non basta: l’Orso si è già mangiato il pacchetto di incentivi di Bush e il taglio dei tassi di Bernanke. E così, anche per i gestori di lungo corso, che tra Ltcm, bolla Internet e Torri Gemelle ne hanno viste di tutti i colori, le giornate sono frenetiche: riunioni improvvise, caffè sul tavolo, strategie da rivedere. Eppure lo sanno bene: è in momenti come questo che si fanno affari. E i risparmiatori? «Contano le ferite e ci chiedono di minimizzare i danni», riprende il nostro anonimo. Che fare dunque?

CERCHIAMO DI CAPIRE. «Se le oscillazioni del patrimonio sono tali da incidere sulla qualità della vita - consiglia Pietro Cirenei, direttore generale di Bipiemme Gestioni - vuol dire che il risparmiatore ha esagerato, senza rispettare il suo profilo di rischio. Se è così, meglio alleggerire». Insomma, a questi prezzi si «capitola» se si è comprato a ruota libera. Converrà sfruttare un rimbalzo per uscire. In ogni caso, «vendere tutto adesso è un errore», mette in guardia Fabrizio Quirighetti, capo-economista di Banca Syz. Altrettanto sbagliato, se non peggio, è cadere nella tentazione di «mediare» al ribasso: quando le discese non sembrano avere fine il rischio è gettare via tutto in uno scatto di nervi. Ma con che criteri diminuire l’esposizione? «Il primo parametro - aggiunge Cirenei - è mantenere i titoli che si conoscono di più. Poi conta l’aspetto cedole». Ma attenzione: anche un rendimento alto può trarre in inganno, se non è sostenibile (vedere articolo pag. 14). Bene quindi le utility, per healthcare e farmaceutici le cedole non sono mai molto corpose, ma tendono ad aumentare. E per le banche crollate? Vai a saperlo. «Quando ripartirà il ciclo saranno le prima a correre», spiega un esperto. Già, ma quando ripartirà?
Il consiglio di Patrizio Pazzaglia, direttore area finanza di Bank Insinger de Beaufort, è «ridurre le small cap e l’esposizione sui Paesi emergenti, diversificando il portafoglio sulla parte obbligazionaria governativa medio-lunga».

ACCUMULARE CON GIUDIZIO. «Dieci mesi fa era faticoso trovare titoli da comprare, era tutto caro. E infatti, da buon contrarian, ho venduto parecchio prima del collasso». Chi parla «saggiamente» è Giordano Martinelli, gestore di Anima: stile «value» e, appunto, contrarian. Nel crollo di lunedì 21 ha cominciato ad accumulare. E per stile di gestione guarda lontano: «Non mi interessano le bizze dei mercati, cerco valore». Diciamo subito, però, che non è stato certo l’unico a mettersi titoli in tasca durante il sell-off. «Fino al 19 gennaio - afferma Renato Guerriero, responsabile Italia di Dexia Am - eravamo un po’ scarichi sull’azionario, poi nei giorni scorsi abbiamo iniziato lo shopping». D’altra parte, osserva anche Cirenei, «Se non si compra ora, quando?». Soprattutto, se a vendere a rotta di collo sono gli istituzionali «costretti» da mancanza di liquidità, regole interne e riscatti. Ma se si andasse in recessione? Ebbene, le Borse scontano a questi prezzi un calo di oltre il 20% degli utili. Chissà se basterà. «Se sarà una recessione "normale" a questi prezzi esistono occasioni che non si presentavano da tempo», commenta Carlo Gentili, fondatore di Nextam Partners che in questi giorni ha messo in portafoglio Fiat (prima dei conti), Italmobiliare risparmio ma anche la Berkshire di Buffett. Come scovarle? «Guardando a bilanci solidi, generazione di cassa e scarso o nullo indebitamento», rileva Gentili. Certo, è necessario studiare la tattica giusta per entrare nel mercato. Anche perché l’Orso non sarà breve. E i minimi tutti da scoprire.
Un’alternativa, per chi non sa avventurarsi troppo nei bilanci, è mettere in atto un piano di ingresso graduale. Il profilo tra rischio e rendimento con l’entrata a «rate» è il migliore se lo si adotta in modo sistematico. Bastano pochi euro al mese, magari cento o duecento. Fondamentale è non sparare tutte le cartucce in una volta. Insomma liquidità e orizzonte temporale sono le parole chiave. «Sarà essenziale - dichiara Gary Dugan, cio di Merrill Lynch Global Wealth Management - disporre di denari freschi per investire in asset che hanno sottoperformato». Già, ma con tale volatilità, da dove partire? «In questa fase - aggiunge Cirenei - non esistono parametri validi per tutti». «Se prendiamo i comparti meno legati al ciclo economico - continua - ci sono tre aspetti da considerare: pochi debiti, una crescita degli utili sostenibile e business facili da valutare». Insomma, meglio la pasta dei chip, perlomeno per chi non capisce nulla di informatica, direbbe perfino Warren Buffett. Di più: un investitore che non ha accesso ad analisi sofisticate è meglio che punti su business che hanno per oggetto prodotti che usa e conosce, fidandosi dell’esperienza. Largo quindi a medicine, bevande, cosmetici e alimentari. Per Martinelli, poi, è una buona idea guardare dove i timori del mercato si sono già abbondantemente scatenati: banche e retail. Una scelta ardita ma che segue una precisa logica: «Questi due settori - spiega - hanno iniziato a scontare il rallentamento dell’economia per primi. Gli altri sono stati coinvolti solo a gennaio, quando il mercato ha deciso di credere alla recessione di cui finora, però, non abbiamo ancora evidenza». A scegliere le banche è anche Gentili che ha approfittato del crollo di lunedì 21 per comprare «titoli Unicredit a quota 4,8 euro». E intende tenerli.

UN PO’ PIÙ TRADER. Se per avere soddisfazioni si dovranno attendere mesi la volatilità dei mercati richiede dinamicità delle scelte. «In questa fase - osserva Martinelli - le dinamiche sono veloci: raggiungiamo prima, e più velocemente, livelli interessanti, sia di acquisto che di vendita». Così se prima i gestori facevano soltanto una operazione alla settimana, magari nemmeno, ora ne fanno tre al giorno. «Di sicuro - commenta Pazzaglia, - la volatilità impone scelte rapide e un aumento di attività intraday, di solito più da scalper che da gestori». Ma attenzione a ragionare troppo da trader, è sufficiente un po’: altrimenti nessuno si lamenti se sale sulle montagne russe e poi gli manca il respiro.
 
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view post Posted on 27/1/2008, 09:44




Soluzione: +5% con le cedole.
Un «dividend yield» elevato e costante negli anni è alla base delle strategie di chi vuole sfidare l’Orso ed è già dentro. O vuole tornare a investire in Borsa.

La strategia da seguire per sfidare l’Orso in Piazza Affari (anche per chi è già dentro e non sa bene cosa fare) ha un denominatore comune: il dividendo. Ai livelli attuali il listino milanese garantisce, salvo imprevisti, un dividend yield del 4,8 per cento. Un rendimento che non soltanto è tra i più alti delle principali Borse, ma che è anche superiore al 4,4% offerto dal Btp decennale. Certo, nella scelta di chi investe in azioni, la cedola, per quanto generosa, non è tutto, ma sicuramente costituisce un bel cuscinetto nel caso di un’ulteriore discesa dei mercati. Soprattutto se fondamentali e business della società sono in grado di assicurare un flusso di dividendi costante negli anni.
Chi è convinto che i prezzi e i rendimenti di Piazza Affari siano già appetibili, non deve poi sottovalutare che in primavera incasserà una cedola maturata (escluse le società che lo scorso autunno hanno già distribuito un acconto) in un periodo di 12 mesi. In pratica, la performance annualizzata di chi compra oggi un titolo che ha uno yield del 5% è praticamente il triplo. In ogni caso, per questi investitori il suggerimento operativo è iniziare a prendere posizione con una parte del proprio capitale sulle società più solide dai ricchi dividendi, per incrementare progressivamente la propria esposizione solo una volta che si sarà chiarito lo scenario macro dei mesi a venire. La scelta a Piazza Affari è comunque ampia: ci sono più di trenta titoli che offrono rendimenti superiori al 5%, con punte fino al 10 per cento. Tra questi, ci sono molte società che, anche nel caso di una discesa dei profitti, sono in grado di assicurare ai propri azionisti cedole future non inferiori alle ultime distribuite, agendo sulla politica di payout, cioè sulla percentuale di utile netto distribuita ai soci sotto forma di dividendo.
A livello settoriale, la preferenza cade verso un settore tradizionalmente sensibile alle esigenze degli azionisti e con flussi di cassa soggetti a oscillazioni minime, cioè le utility. Oltretutto, durante la fase ribassista degli ultimi mesi è stato anche uno dei comparti che ha tenuto di più in Borsa. In particolare, Terna è riuscita a respingere la violenza dell’Orso meglio di altri. Dal primo gennaio le azioni del gruppo che gestisce la rete elettrica nazionale hanno mostrato un rialzo dell’1,7%, a cui si deve aggiungere una cedola non inferiore a 0,14 euro. Cedola che assicura un dividend yield lordo del 5,15 per cento. Inoltre, sempre Terna potrebbe regalare ai propri soci un’erogazione straordinaria di 0,20 euro, grazie ai 400 milioni di riserve distribuibili iscritte in bilancio. Una mossa che, d’altro canto, potrebbe consentire di ottimizzare la struttura finanziaria. Sempre tra le utiliy, Enel sarà tranquillamente in grado di pagare anche quest’anno ai propri azionisti una cedola unitaria non inferiore ai 0,49 euro distribuiti l’anno scorso. Anzi, il consensus indica un valore di 0,50 euro per azione, che ai prezzi attuali assicura un rendimento lordo di quasi il 6,9 per cento. Uno yield che permetterà a chi detiene azioni Enel da inizio anno di compensare la deludente performance (-9,1%) registrata nelle prime quattro settimane del 2008.
Fuori dalle utility, cedola pesante in arrivo anche da Pirelli Re. I titoli del braccio immobiliare della Bicocca, dopo aver dimezzato il proprio valore nel corso del 2007, offrono un rendimento lordo dell’8,5%, grazie a una cedola di 2,06 euro. E, in attesa delle indicazioni del nuovo piano industriale, Pirelli Re potrebbe distribuire un dividendo di 2,113 euro la prossima primavera e 2,317 l’anno prossimo. Numeri raggiungibili, anche nell’eventuale ipotesi di calo dei profitti, grazie a un payout del 54,7% sull’utile consolidato. Inoltre, Pirelli Re può vantare da inizio 2008 una forza relativa superiore a quella del Mibtel, avendo lasciato sul terreno il 2,7%, e un rapporto prezzo/utili 2007 da saldo, pari a 6,4.
 
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